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Documento indispensabile ai fini della decisione della causa

Nel rito del lavoro, in base al combinato disposto degli artt. Tale rigoroso sistema di preclusioni trova un contemperamento, ispirato alla ricerca della verità materiale, cui è doverosamente funzionalizzato il rito del lavoro, teso a garantire una tutela differenziata in ragione della natura dei diritti che nel giudizio devono trovare riconoscimento, nei poteri d’ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai sensi del citato art.

Pubblicato il 07 March 2007 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Nel rito del lavoro, in base al combinato disposto degli artt. 416, comma 3 c.p.c., che stabilisce che il convenuto deve indicare a pena di decadenza i mezzi di prova dei quali intenda avvalersi, ed in particolar modo i documenti, che deve contestualmente depositare, onere probatorio gravante anche sull’attore per il principio di reciprocità fissato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 13 del 1977, e 437, comma 2 c.p.c., che, a sua volta, pone il divieto di ammissione in grado di appello di nuovi mezzi di prova, fra i quali devono annoverarsi anche i documenti, l’omessa indicazione, nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, dei documenti, e l’omesso deposito degli stessi, salvo che la produzione non sia giustificata dal tempo della loro formazione o dall’evolversi della vicenda processuale successivamente al ricorso ed alla memoria di costituzione (ad esempio, a seguito di riconvenzionale o di intervento o chiamata in causa del terzo); e la irreversibilità della estinzione del diritto di produrre i documenti, dovuta al mancato rispetto di termini perentori e decadenziali, rende il diritto stesso insuscettibile di revivescenza in grado di appello.

Tale rigoroso sistema di preclusioni trova un contemperamento, ispirato alla ricerca della verità materiale, cui è doverosamente funzionalizzato il rito del lavoro, teso a garantire una tutela differenziata in ragione della natura dei diritti che nel giudizio devono trovare riconoscimento, nei poteri d’ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai sensi del citato art. 437, comma 2 c.p.c., ove essi siano indispensabili ai fini della decisione della causa, poteri, peraltro, da esercitare pur sempre con riferimento a fatti allegati dalle parti ed emersi nel processo a seguito del contraddittorio delle parti stesse.

Facendo applicazione di tale principio di diritto, ne consegue che, quando è in discussione una condotta permanente, quale il rifiuto del datore di lavoro di adibire il lavoratore, già sospeso, alle mansioni guardia particolare giurata, il mancato raggiungimento della prova, in primo grado, della mancanza del dipendente delle necessarie autorizzazioni di polizia, dedotta dal datore di lavoro, non può essere superata da una tardiva produzione documentale in appello; pur tuttavia la natura permanente della condotta del datore di lavoro (e le conseguenze retributive e risarcitorie dalla stessa derivanti) deve indurre il giudice di secondo grado a valutare se un documento, formato successivamente al maturarsi delle preclusione, sia o meno indispensabile ai fini della decisione della causa, limitando la responsabilità del convenuto alla data della decisione di primo grado, in applicazione dell’art. 437, secondo comma c.p.c..

Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza n. 24459 del 7 novembre 2006

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