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Il gestore di una lotteria istantanea risponde verso gli acquirenti dei biglietti solo nei limiti del montepremi messo a disposizione

La lotteria istantanea va ricondotta nel contratto di lotteria di cui all’art. 1935 c.c. . La specificità di tale lotteria consiste nel fatto che la vincita non è subordinata, come nelle lotterie tradizionali, all’evento futuro ed incerto dell’estrazione del numero del biglietto vincente. A fronte della prestazione del giocatore, l’Amministrazione finanziaria si impegna a mettere […]

Pubblicato il 28 October 2006 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

La lotteria istantanea va ricondotta nel contratto di lotteria di cui all’art. 1935 c.c. . La specificità di tale lotteria consiste nel fatto che la vincita non è subordinata, come nelle lotterie tradizionali, all’evento futuro ed incerto dell’estrazione del numero del biglietto vincente. A fronte della prestazione del giocatore, l’Amministrazione finanziaria si impegna a mettere a disposizione un determinato montepremi suddiviso in un numero prefissato di vincite, che non vengono attribuite a posteriori, dopo la vendita dei biglietti, ma sono predeterminate a monte, prima dell’immissione dei biglietti stessi nel circuito di vendita, attraverso l’inserimento casuale, nei lotti diffusi sul mercato, dei tagliandi vincenti, essendo celata la possibilità per gli acquirenti e per gli altri soggetti, di scoprire anzitempo la natura vincente o meno del biglietto. Precisa la Suprema Corte che il biglietto di questa lotteria, come le ricevute di tutte le altre lotterie, non è riconducibile tra i titoli di credito ex. art. 1992 c.c., perché non dotato dei requisiti di letteralità ed autonomia che connotano i predetti titoli: esso, valendo ad attestare la giocata del possessore, cui pagare la vincita, costituisce titolo di legittimazione in senso ampio, ai sensi dell’art. 2002 c.c., cioè di documento atto ad individuare l’avente diritto alla prestazione e quindi idoneo, per un verso, a liberare il debitore che paga in buona fede al possessore, e, per l’altro verso, a legittimare il possessore della ricevuta a richiedere il pagamento della vincita, non incorporando il diritto indicato. In altri termini il giocatore ha diritto ad ottenere la prestazione costituente la vincita, non perché essa è contenuta nel biglietto, che sotto questo profilo non gode di alcuna caratteristica di autonomia ed astrazione, ma perché le regole del contratto di lotteria poste in essere gliela attribuiscono, in presenza di determinate condizioni, anche estranee al biglietto stesso. Da ciò consegue che è fondamentale, al fine di stabilire se sia maturato il diritto ad ottenere detta prestazione della vincita, esaminare la normativa delle lotterie istantanee e, quindi, la regolamentazione particolare di quella in questione. L’art. 6 della L. 23.3.1990, n. 62, statuisce che il Ministro delle finanze è autorizzato ad istituire, con proprio decreto, le lotterie nazionali ad estrazione istantanea, previa adozione di idoneo regolamento da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. L’art. 1 del regolamento emesso con d.m. 12.2.1991, n. 183 statuisce che : Nelle lotterie nazionali ad estrazione istantanea i partecipanti possono immediatamente conoscere la vincita attraverso l’acquisto di un biglietto sul quale è stato in precedenza impresso, e celato ad ogni forma di possibile evidenza o ricognizione esplorativa, il risultato di una combinazione casuale di vincita. L’art. 3 statuisce che i decreti del Ministro delle finanze, di cui all’art. 6 della legge 26 marzo 1990, n. 62, stabiliscono i criteri e le modalità di effettuazione di ogni lotteria nazionale ad estrazione istantanea. Con gli stessi decreti saranno determinate le caratteristiche ed i valori di vendita di ciascun biglietto, nonché il numero dei biglietti vendibili e la quota del ricavato da destinare ai vincitori di ciascun premio, secondo un programma correlato alle singole combinazioni vincenti. L’art. 5 dello stesso regolamento statuisce al comma 3, per pagamenti di vincite superiori a £. 1 milione, che: il pagamento va richiesto all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato che deve comunque effettuarlo entro trenta giorni dalla presentazione del biglietto vincente, salvo esito negativo del controllo di autenticità da effettuarsi, a richiesta dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, come per le lotterie nazionali di cui all’art. 1 della legge 26 marzo 1990, n. 62. In applicazione di suddetta normativa, si pone il decreto ministeriale istitutivo della lotteria istantanea sette e vinci, nella specie il d.m. 19.1.1996. Per la Suprema Corte il termine di trenta giorni posto dal suddetto articolo 5 per il pagamento della vincita indica solo entro quale termine tale pagamento è esigibile, ma non determina alcuna decadenza a carico dell’amministrazione. Il mancato pagamento del biglietto vincente entro il suddetto termine comporta solo che l’amministrazione è inadempiente, ma non anche che è decaduta dalle possibili eccezioni, che le competano sulla base del contratto di lotteria. Inoltre il presupposto del pagamento è, appunto, che sia stata realizzata una vincita. Nell’ambito del contratto di lotteria con il singolo giocatore, tale decreto ministeriale rappresenta il regolamento contrattuale di formazione non pattizia, ma unilaterale, che costituisce la regola contrattuale. Esso deve ritenersi noto ed accettato dai singoli giocatori-contraenti, sia pure implicitamente con l’acquisto del biglietto, poiché il decreto è affisso nei luoghi di vendita dei biglietti, come disposto dall’art. 7 del d.m. n. 183/1991. Risulta, quindi fondamentale, accertare quando la regolamentazione prevista per questa specifica lotteria ritenga che si siano verificate le condizioni contrattuali sulla base delle quali il giocatore possa pretendere il pagamento della vincita. Nel caso di specie, la corte di merito, esaminando gli articoli del dm. 19.1.1996, ha ritenuto che dall’interpretazione degli art. 2 e 5 del citato d.m. 19.1.1996 risulta che l’amministrazione si è impegnata pagare un montepremi di £. 34.200.000.0000, da suddividere in sette diverse categorie e da inserire nei biglietti venduti, se il giocatore avesse acquistato non solo un biglietto contenente la combinazione vincente, ma che lo stesso presentasse un codice di validazione corrispondente ai codice segreti preindividuati. Sotto questo profilo la Suprema Corte osserva che, mentre tale ultimo decreto ministeriale costituisce il regolamento di cui all’art. 6 l.n. 26/1992, ed ha natura normativa, non altrettanto può dirsi del d.m. 19.1.1996 istitutivo della lotteria gratta e vinci. Nel caso di specie, sotto il profilo motivazionale, la Corte osserva che la sentenza impugnata ha interpretato il regolamento in questione attraverso l’esame sistematico delle diverse disposizioni contenute nel decreto. Essa ha osservato, anzitutto, che l’amministrazione dei Monopoli si è impegnata a mettere a disposizione premi per un totale di £. 32.200.000.000, suddivisi in 7 diverse categorie di valore (10 da £. 100 milioni, 10 da £. 30 milioni e così via); che l’art. 4 dispone che l’acquirente ha la possibilità di conoscere immediatamente la vincita raschiando nell’area di gioco, ma che l’art. 6 dispone, a pena di nullità della vincita, che i biglietti vincenti devono riportare integro il rettangolo di vernice, che occulta il numero di validazione; che questa disposizione rende evidente che, al fine di riscuotere il premio, non è sufficiente che si verifichi il caso di vincita e cioè la combinazione vincente, ma è necessario che il biglietto sia valido, è cioè che corrisponda ad uno di quelli prescelti come vincenti, prima dell’immissione nel circuito di vendita. Tale motivazione è immune da vizi logici né costituisce violazione degli art. 1,4 e 5 d.m. n. 183/1991, 6 l.n. 62/1990 e 39 c.2 del r.d.l. n. 1993/1938. Infatti, anzitutto, il codice di validazione (e non di autenticità) non può ritenersi predisposto solo per combattere le contraffazioni, in quanto da una parte queste ben possono investire anche lo stesso codice e, dall’altra, esse sono individuabili anche con altri criteri (vedasi la materia dei falsi in banconote). Inoltre, essendosi l’amministrazione con il regolamento negoziale (costituito dal d.m. portato a conoscenza dei giocatori), impegnata al pagamento di un certo numeri di premi, in caso di vincita, fino al raggiungimento del montepremi, essa, anzitutto, è obbligata fino a quel limite con un numero ben individuato di premi per ognuna delle combinazioni vincenti (salvo poi vedere a quali giocatori vincenti essi dovevano essere corrisposti). Il problema che si pone è se tale tetto di obbligazioni, costituito dal montepremi e dal numero ben individuato di premi in cui esso si suddivideva, integra una violazione della legge 26.3.1992, n. 62, istitutiva delle lotterie istantanee e dagli art. 1,4,5 del d.m. n. 183/1991, che a tali montepremi e numero predefinito dei premi non fanno riferimento. Ritiene la Corte che la predeterminazione di un montepremi, che costituisce il limite dell’obbligazione di un pagamento per il gestore della lotteria, rappresenta un elemento connaturale delle lotterie autorizzate, come emerge dal r.d.l. 19.10.1938, n. 1933 nonché dal regolamento generale in materia di cui al d.p.r. 20.11.1948, n. 1677, secondo il quale deve comunque essere stabilito un montepremi (in misura fissa sui ricavi) e questo o in esito alla vendita dei biglietti o precedentemente alla loro messa in vendita (art. 17). Per quanto l’art. 6 della l. 26.3.1990, n. 62, istitutiva delle lotterie istantanee, non prevedeva detto montepremi, la norma, non statuendo il contrario, va letta in combinato disposto con le altre norme preesistenti in materia, e, quindi, con la necessità che le lotterie prevedano un montepremi. E’ vero che si è sostenuto che la necessaria predeterminazione del montepremi pur costituendo un elemento connaturale ed essenziale delle lotterie autorizzate, non produce effetti, in caso di violazione per superamento, tra il gestore della lotteria ed il giocatore, attenendo la stessa solo al profilo amministrativo, di cui è destinatario il gestore, ma non al profilo civilistico tra questi ed il giocatore. Tuttavia il predetto arresto giurisprudenziale ha posto in evidenza che tale irrilevanza del montepremi, sotto il profilo civilistico, esiste solo se il montepremi è rimasto ignoto al giocatore, con la conseguenza che se esso è stato reso noto a quest’ultimo nel momento in cui concludeva il contratto di lotteria, tale limite produce effetti anche nel rapporto tra gestore della lotteria e giocatore e cioè nell’area contrattuale. Nella fattispecie, quindi, l’Amministrazione non si è obbligata al pagamento della somma di £. 100 milioni, in favore di chiunque avesse individuato la massima combinazione vincente, ma a pagare solo 10 premi di cento milioni in favore di 10 giocatori che avessero individuato tale combinazione nell’area di gioco, nonché un numero specificato di premi inferiori, fino a dar luogo, nel totale, al massimale dei premi, indicato nel regolamento. Se non ci fosse stato il codice di validazione, i primi 10 giocatori, che avessero scoperto la combinazione vincente la somma di £. 100 milioni, avrebbero esaurito l’obbligazione di pagamento cui era tenuta l’Amministrazione per quella combinazione. I giocatori con successiva combinazione vincente non avrebbero potuto pretendere alcun premio, poiché non erano stati messi in palio n. 11, 12, 13 e via di seguito da £. 100 milioni, come era noto agli stessi giocatori. Sennonché tale selezione tra vari possibili vincitori fondata sul prior in tempore importava l’inserimento di un ulteriore elemento di aleatorietà, che finiva per alterare il gioco in modo illegittimo, poiché di esso non se ne dava conto nel regolamento negoziale del gioco, costituito dal decreto ministeriale. Ne consegue che, proprio al fine di evitare l’introduzione di un ulteriore elemento di selezione dei vincitori all’insaputa di questi, il gestore della lotteria doveva necessariamente immettere nel circuito di vendita tanti biglietti vincenti, quanti erano i premi messi in palio. Come correttamente rilevato dal giudice di merito, prosegue la Corte, ciò emerge dall’art. 8 del decreto-regolamento 19.1.1996, da cui risulta che il Poligrafico garantisce la certezza di inserimento dei premi previsti dal presente decreto secondo i caratteri programmati che conducano all’assoluta casualità dei biglietti stampati, garantisce altresì che su ogni biglietto vengano impressi gli elementi elettronici e grafici atti a determinare la validità della vincita. Proprio il riferimento a criteri programmati nell’inserimento delle combinazioni vincenti e l’esistenza di un codice di validazione per determinare la validità del biglietto, comporta che i biglietti vincenti siano preindividuati da parte dell’Amministrazione e che la validità del biglietto sussiste solo nel caso in cui il biglietto con una combinazione vincente risulti tra quelli di cui al criterio programmato. Poiché tali condizioni negoziali risultano portate a conoscenza del giocatore (con l’affissione del regolamento nei locali di vendita dei biglietti) ed accettati dagli stessi implicitamente con l’acquisto del biglietto, esse sono vincolanti tra le parti. Il fatto che sul biglietto risulti una combinazione vincente non comporta la vincita del premio, poiché non risulta lo stesso tra quelli di cui al criterio programmato. Può, invece, comportare un inadempimento contrattuale dell’Amministrazione, per essersi il giocatore trovato in possesso di un biglietto che dal regolamento, nei termini suddetti, non era previsto e cioè un biglietto che, pur presentandosi una combinazione vincente, non rientrasse tra quelli predeterminati come vincenti ed in eccedenza rispetto alla categoria di premi previsti, mentre l’amministrazione si era impegnata con il regolamento negoziale (d.m. 19.1.1996) a porre in vendita solo o biglietti non vincenti o biglietti con combinazione vincente e con codice di validazione rientrante tra quelli predeterminati. Sennonché tale inadempimento può dar luogo solo al risarcimento dei danni nei confronti dello specifico giocatore, che si trovasse in possesso del biglietto anomalo, pari al costo del biglietto stesso, salvo gli ulteriori eventuali danni che questi assumesse e provasse, come conseguenza di tale errore di stampa. Il pagamento di un numero di premi superiore a quello previsto per ciascuna categoria, comporta in part qua una violazione dei limiti entro i quali era stata autorizzata la lotteria. Le lotterie, per poter produrre effetti civili, devono essere autorizzate, a norma dell’art. 1935 c.c.. Ciò comporta che l’autorizzazione è un elemento integrativo della fattispecie ed è un presupposto di validità del contratto di lotteria, la cui mancanza ne determina la nullità delle prestazioni, anche se eseguite dopo la presa di conoscenza del risultato. Poiché la lotteria, organizzata come nel caso di specie, da luogo ad un fascio di contratti bilaterali ognuno dei quali intervenuto tra l’amministrazione ed il giocatore, il superamento dei limiti disposti dall’autorizzazione ministeriale nei premi posti in palio (e quindi per questa eccedenza, senza autorizzazione ministeriale) non investe tutti i contratti, generandone l’invalidità, ma solo quelli relativi ai contratti riferibili a biglietti eccedenti il numero dei premi previsti dall’autorizzazione. Proprio perché l’autorizzazione ministeriale coincide, nella specie, con il regolamento negoziale unilateralmente predisposto dall’amministrazione ed è portato a conoscenza dei singoli giocatori, con affissione nei luoghi di vendita, il superamento del limite autorizzatorio (quindi la mancanza di autorizzazione in parte qua) è opponibile da parte dell’amministrazione al giocatore. Ove si dovesse seguire detta impostazione, egualmente si giungerebbe all’obbligo dell’amministrazione, gestore nella lotteria, di restituire la somma percepita dalla controparte, ed anche in questo caso sarebbero risarcibili i danni che il giocatore provi di aver subito, quale conseguenza immediata e diretta, ma solo nei termini e limiti di cui all’art. 1338 c.c.. La migliore dottrina considera causa della nullità del gioco e della scommessa anche l’imperfezione dei mezzi con il quale il gioco viene attuato, con la conseguenza che tale difetto si ripercuote sull’esito del gioco ed impedisce il sorgere di una valida scommessa, con conseguente ripetibilità del pagamento. Nel caso di specie non trattasi di contratto di gioco o scommessa, ma di lotteria autorizzata, con la conseguenza che essa da luogo ad un vero e proprio contratto produttivo di obbligazioni e di azione in giudizio, secondo la chiara formula di cui all’art. 1935 c.c., in contrapposizione all’art. 1933 c.c.. Ciò comporta che i gestore della lotteria, come avviene generalmente, ha anche l’obbligo di predisporre i mezzi tecnici per l’espletamento della stessa, con la conseguenza che il vizio di tali mezzi tecnici non ha impedito il sorgere del contratto di lotteria, ma integra un inadempimento contrattuale risarcibile. Cassazione Civile, Terza Sezione, Sentenza n. 17458 del 31 luglio 2006

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