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Responsabilità medica, nesso causale, condotta del medico

Responsabilità medica, compete al paziente che si assuma danneggiato dimostrare l’esistenza del nesso causale tra la condotta del medico e il danno.

Pubblicato il 03 September 2018 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

TRIBUNALE DI PERUGIA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice Onorario del Tribunale di Perugia ha emesso la seguente

SENTENZA n. 1151/2018 pubblicata il 31/08/2018

Nella causa civile iscritta al n. del Ruolo Generale degli affari civili dell’ anno 2008 promossa da:

XXX, C.F. rappresentata e difesa, per delega apposta a margine dell’atto di citazione, unitamente e disgiuntamente, dagli Avv.ti ed elettivamente domiciliate presso lo Studio di quest’ultimo in Città di Castello

-ATTRICE-

CONTRO YYY in persona del Direttore Generale

rappresentata e difesa come da procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta conferita a seguito di

Deliberazione Generale n. del 5.3.2009 dall’Avv. ed elettivamente domiciliata presso e nello Studio dello stesso in Perugia

-CONVENUTA-

OGGETTO: Risarcimento danni

CONCLUSIONI: Come all’udienza del 29.6.2916 FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione del 9.12.2008 la Sig.ra XXX conveniva in giudizio la YYY in persona del legale rappresentante pro tempore al fine di sentirla dichiarare responsabile dell’evento dannoso asseritamente subito da essa esponente e,per l’effetto,sentirla condannare al risarcimento per quanto subito e subendo,nella misura da stabilirsi in corso di causa,oltre interessi e rivalutazione monetaria dall’evento al saldo, vinte le spese.

Sosteneva l’attrice che, nel novembre 2004,per una sintomatologia dolorosa all’arcata dentale superiore,si sottoponeva a visita odontoiatrica a seguito della quale le veniva consigliata la sostituzione della struttura protesica di cui era dotata con un’altra supportata da impianti endo-ossei. Eseguito un esame panoramico presso l’Ospedale di *** ed effettuato l’intervento presso l’ambulatorio di odontostomatologia dell’Ospedale di ***, permanendo dolore e sottoposta a visita medico legale dal Dr. ***, questi evidenziava “..una compromissione della funzione masticatoria di particolare rilievo invalidante e di difficile risoluzione terapeutica…E’ dunque evidente il grave danno subito dalla paziente che a distanza di due anni dall’inizio delle cure,non solo non è giunta a soluzione delle problematiche masticatorie che la affliggevano, bensì ha subiti un evidente significativo peggioramento del proprio benessere psico-fisico e dovrà sopportare ulteriori prolungate,invasive e costise cure medico-chirurgiche nel tentativo di emendare i danni prodotti dai sanitari odontoiatrici eugubini” quantificando il danno biologico permanente nella misura del 10%.

Inviata richiesta risarcitoria alla YYY con raccomandata del 21.1.2007 ed inviata la documentazione richiesta con lettera del 7.5.2007,con lettera del 22.5.2008 la *** Servizi Liquidazione Sinistri rispondeva che non erano ravvisabili profili di responsabilità a carico dei sanitari della YYY così che l’attuale attrice,ravvisata la responsabilità contrattuale degli stessi, chiedeva il risarcimento per il danno patrimoniale e non patrimoniale, nell’entità che sarebbe stata determinata a seguito del giudizio, in applicazione della tabella adottata dai Tribunali italiani.

Con comparsa del 25.3.2009 si costituiva in giudizio la YYY in persona del Direttore Generale che contestava le avverse pretese, sostenendo che i Sanitari dell’Ospedale di *** avevano agiti in maniera del tutto corretta e gli esiti dell’operato, fino a che espletato, risultavano del tutto in linea, tanto con le aspettative quanto con gli standard. Si verificava tuttavia che l’attrice, rientrata in Bulgaria come si evinceva dalla C.T. richiamata nell’atto introduttivo, si rivolgeva ad altro specialista che incautamente provvedeva alla ribassatura utilizzando materiale duro, che aveva inciso negativamente sullo stato di salute degli impianti, compromettendo quanto avevano eseguito i sanitari eugubini e per quanto atteneva all’asserita omessa esecuzione di TC dentalscan non vi era indicazione alla sua esecuzione, né in relazione alla corretta scelta del trattamento terapeutico né della sua esecuzione.

La convenuta proseguiva affermando che i sanitari avevano tenuto conto sia del deficit osseo della paziente che dello stato flogistico, avevano proceduto ad adeguata bonifica ed eseguito correttamente la loro opera applicando viti adeguatamente scelte, sicchè l’insuccesso era da ascriversi unicamente all’operato di diverso specialista al quale l’attrice aveva ritenuto doversi rivolgere.

Contestando anche il quantum della pretesa risarcitoria,da doversi contenere nei limiti di responsabilità attribuibile,la convenuta chiedeva il rigetto della domanda e l’eventuale risarcimento contenuto nei limiti di responsabilità riconosciuta a carico del personale medico, vinte le spese.

All’udienza del 14.4.2009 il Giudice concedeva i termini per il deposito delle memorie di cui all’art.183 VI° comma nn.1,2 e 3 c.p.c. con rinvio all’udienza del 22.9.2009, rinviata d’ufficio a 22.2.2010 dove il Giudice riservava la decisione e con provvedimento del 11.3.2010,disponeva espletarsi C.T.U. medico legale sul quesito enucleato ,non disponeva l’acquisizione della documetazione ex art.210 c.p.c.stante la possibilità che fosse acquisita, previa autorizzazione, dal C.T.U.,non ammetteva le prove per testi richiesta da parte attrice e fissava per il conferimento dell’incarico l’udienza del 15.6.2010.

Con provvedimento del 20.4.2010 il C.T.U .designato veniva sostituito per incompatibilità e il conferimento dell’incarico ad altro professionista confermato per l’udienza già indicata, poi differita al 28.9.2010.

Dopo alcuni differimenti, a seguito di richieste di proroga da parte del C.T.U., all’udienza del 21.2.2012 la causa veniva sottoposta all’esame dell’attuale Giudicante, stante il trasferimento del precedente in altra sede, che con provvedimento del 26.9.2012 disponeva il richiamo del C.T.U. affinchè avesse fornito chiarimenti alle osservazioni del C.T.P. di parte attrice, disponendo per l’incombente l’udienza del 8.1.2013 e alla successiva del 18.6.2013 rinviava per la precisazione delle conclusioni l’udienza del 28.6.2016,rassegnate in detta sede, dove la causa veniva trattenuta in decisione, concessi alle parti i termini di cui all’art.190 c.p.c. per memorie conclusive e repliche.

Nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, secondo l’orientamento consolidatosi in sede di legittimità, compete al paziente che si assuma danneggiato dimostrare l’esistenza del nesso causale tra la condotta del medico e il danno del quale chiede il risarcimento. Ne consegue che se al termine dell’istruttoria non risulti provato il nesso tra condotta ed evento, per essere la causa del danno lamentato dal paziente rimasta incerta, la domanda deve essere rigettata (Cassazione civile sez. III 19/07/2018 n. 19204). In particolare, il nesso eziologico tra condotta sanitaria ed evento dannoso viene a costituire onere della prova a carico del danneggiato nel senso che questi è tenuto a prospettare detta relazione causale alla stregua di criteri rispondenti a leggi scientifiche o fondati su presunzioni logiche e dunque astrattamente idonei a fondare l’accertamento della causalità materiale ex articoli 40 e 41 del codice penale, in quanto in concreto l’assunto dimostrativo dovrà essere verificato in giudizio alla stregua degli elementi istruttori acquisiti. Se la verifica avrà avuto esito positivo, insorgerà allora l’onere della prova del medico convenuto, diretto a contestare il proprio inadempimento colpevole o a dimostrare la riferibilità esclusiva del danno all’esistenza di una causa determinante estranea alla sfera di controllo del medico.(Cassazione civile sez. III 02/03/2018 n. 4928) quindi è onere del danneggiato fornire la prova del contratto e dell’aggravamento della situazione patologica (o dell’insorgenza di nuove patologie per effetto dell’intervento) e del relativo nesso di causalità con l’azione o l’omissione dei sanitari, restando a carico della struttura sanitaria la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile (Tribunale Milano sez. I 16/02/2018 n. 1661).

Nel presente caso, l’attrice sostiene la responsabilità dei medici odontoiatri dell’Ospedale di *** facenti parte della YYY convenuta, per costante sintomatologia dolorosa, tumeazione del volto ed ostacolo alla masticazione successivi all’applicazione di n.4 impianti osteo-integrati nelle zone 14,16,24 e 26 che la costringevano a sottoporsi ad ulteriori approfondimenti specialistici “ …che evidenziavano la mancata integrazione degli impianti con la componente ossea….una evoluzione in progressione dei processi infiammatori peri-implantari ed una sensibile riassorbimento osseso nel corso dei mesi successivi con perdita di dimensioni sia verticale che orizzontale”(v.relazione Dr. *** C.T.P.parte attrice del 5.1.2007). Tramite il proprio C.T.P. l’attrice afferma che “…manca ogni notizia circa il rilascio da parte della p.te di un consenso informato alle cure e soprattutto sembra che la stessa non abbia usufruito di adeguata e corretta informazione circa le cure, le complicanze e le possibili alternative” in merito all’intervento che le sarebbe stato praticato, che “ Relativamente alle indagini preventive al trattameto chirurgico rileva segnalare l’effettuazione solamente di uno Studio RX ortopanoramico che certamente non costituiva l’indagine elettiva la più utile in questi casi, rappresentata invece dalla TC dentalscan…..che permette un approfondimento tridimensionale della conformazione della bocca e delle ossa facciali consente di predisporre la più idonea ed adeguata scelta del trattamento da utilizzare….Peraltro nel caso in esame un attento studio della radiografia ortopanoramica assieme alla diretta osservazione della p.te avrebbe consentito di riscontrare,oltre la presenza di manifestazioni flogistiche paradontali diffuse, anche la mancanza di dimensione ,soprattutto nel senso verticale delle creste ossee alveolari e dell’osso mascellare che avrebbe certamente beneficiato prima dell’applicazione degli impianti di un trattamento di bonifica dello stato flogistico e di rigenerazione delle strutture ossee, al fine di preparare al meglio la componente ossea così da consentire le massime probabilità di attecchimento della osseo-integrazione” ,che ciò non avvenne a seguito del controllo superficiale ad opera degli specialisti, anche in occasione dell’applicazione delle ultime due viti, quando i primi impianti applicati evolvevano sfavorevolmente mostrando la mancata osteo-integrazione.

Questa la disamine del C.T.P. di parte attrice in base alla quale la stessa ha intentato il presente procedimento nei confronti della convenuta, che hanno indotto il Giudice,stante la contestazione delle conclusioni cui è pervenuto il detto C.T.P, ad opera della convenuta medesima, a disporre C.T.U. medico legale tesa ad accertare le modalità di esecuzione del trattamento implantare cui era stata sottoposta l’attrice presso l’ambulatorio di odontstomatologia della YYY, la sussistenza di eventuali condotte incongrue sotto il profilo clinico, diagnostico e terapeutico da parte dei sanitari che avevano praticato l’intervento e del nesso di causalità con l’insorgenza e/o l’aggravamento delle patologie lamentate dalla suddetta.

Nel premettere che, benché le parti non possono sottrarsi all’onere probatorio a loro carico invocando, per l’accertamento dei propri diritti, una consulenza tecnica di ufficio, non essendo la stessa un mezzo di prova in senso stretto, è tuttavia consentito al Giudice fare ricorso a quest’ultima per acquisire dati la cui valutazione sia poi rimessa allo stesso ausiliario ,c.d. consulenza percipiente, purché la parte, entro i termini di decadenza propri dell’istruzione probatoria, abbia allegato i corrispondenti fatti, ponendoli a fondamento della sua domanda ed il loro accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche, che in caso di accertamento della responsabilità medico-chirurgica, attesa l’innegabilità e l’indispensabilità delle conoscenze tecniche specialistiche necessarie non solo alla comprensione dei fatti, ma alla loro stessa rilevabilità, la consulenza tecnica presenta carattere “percipiente”, sicché il Giudice può affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati, ma anche quello di accertare i fatti medesimi, ponendosi pertanto la consulenza, in relazione a tale aspetto, come fonte oggettiva di prova, senza che l’ausiliario possa avvalersi, per la formazione del suo parere, di documenti non prodotti dalle parti nei tempi e modi permessi dalla scansione processuale, pena l’inutilizzabilità, per il Giudice, delle conclusioni del consulente fondate sugli stessi (Tribunale Roma sez. XII 23/02/2018 n. 4088 Cassazione civile sez. III 15/11/2017 n. 26969 Cassazione civile sez. III 26/09/2016 n. 18770), il C.T.U. incaricato, Dr. ***, con l’ausilio autorizzato di specialista odontoiatrico nella persona della Dr. ***, esaminava la documentazione rispettivamente prodotta dalle parti, fra cui copia della Cartella Clinica redatta dai Sanitari di *** con le prestazioni fornite e le visite di controllo effettuate in favore dell’attrice, “…nonché contenente il modulo di consenso compilato e firmato in data 21.9.2005” dalla stessa e in merito a tale circostanza, va rilevato che, in tema di responsabilità professionale del medico, in presenza di un atto terapeutico necessario e correttamente eseguito in base alle regole dell’arte, dal quale siano tuttavia derivate conseguenze dannose per la salute, ove tale intervento non sia stato preceduto da un’adeguata informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, non si sarebbe fatto operare, non potendo altrimenti ricondursi all’inadempimento dell’obbligo di informazione alcuna rilevanza casuale sul danno alla salute.(Cassazione civile sez. III 15/06/2018 n. 15749) e che, al paziente che lamenta l’assenza di consenso informato e che è tenuto a fornire la prova che, ove fosse stato correttamente informato dei rischi e delle complicazioni dell’intervento, non si sarebbe fatto operare, tuttavia, nonostante la mancanza di prova, va riconosciuto in via automatica il danno non patrimoniale da mancata richiesta e quindi di impossibilità di autodeterminarsi. Ad affermarlo è la Cassazione che si è pronunciata sul caso di un paziente sottoposto a un intervento di cataratta sfociato poi in un trapianto di cornea. Per la Corte la mancata informazione determina sul paziente la perdita della possibilità di esercitare consapevolmente una serie di scelte assolutamente personali, la cui risarcibilità non ha bisogno di ulteriori prove.(Cassazione civile sez. III 15/05/2018 n. 11749).A tal proposito ,il C.T.U.,alla pag.8 della sua Relazione, afferma: “ In merito all’attività prestata dai Sanitari dell’Ospedale di ***, gli stessi, in seguito a visita specialistica e valutata la notevole compromissione dei manufatti protesici presenti in situ, hanno provveduto correttamente alla valutazione obiettiva, radiografica e dei modelli in gesso e suggerito alla paziente le eventuali possibilità terapeutiche, come chiaramente evidenziato nel consenso scritto e firmato in data

21.9.2005…”allegato alla Relazione, nel quale si spiega alla paziente che, con l’intervento proposto “Si evita la protesi mobile”, che vi erano rischi generici come indicati ,che quale rischio possibile vi era una sinusite reattiva all’intervento, erano indicate le caratteristiche dei materiali utilizzati e le complicanze quali: infiammazione, infezione, dolore ed emorragia “di norma controllabili a domicilio”, che l’alternativa prevista era “Protesi scheletro removibile”, veniva evidenziata la necessità di un’igiene orale adeguata, consigliato di non fumare e di effettuare controlli periodici ,3 volte l’anno, dopo la consegna della protesi. L’attrice non ha disconosciuto come propria la firma apposta in calce al documento né, come suo onere, ha dimostrato di non essere stata adeguatamente e dettagliatamente resa edotta e dell’intervento e dell’alternativa allo stesso e delle possibili complicanze, così che la censura di incompleta o insufficiente informativa dalla stessa avanzata va disattesa.

Il C.T.U. afferma che la valutazione della sola ortopantomografia può essere sufficiente strumento di valutazione e non doveva essere affiancata necessariamente da TAC Dentalscan in quanto il referto della prima indagine pre-operatoria rivelava la presenza di iniziale malattia paradontale dei settori laterali posteriori “..che non costituisce controindicazione assoluta all’impiantologia. La quantità d’osso era comunque sufficiente ad ospitare impianti endorali, come chiaramente dimostrato dalla scheda dei controlli effettuati nel corso del tempo, dimostrativa in data 23.6.2005 ed in data 21.9.2005 di una buona stabilità primaria e sufficiente quantità ossea. Secondo quanto desumibile dalle schede tecniche allegate alla cartella clinica ospedaliera anche le scelte degli impianti è da considerarsi corretta”, come corretta era la tecnica utilizzata per l’inserimento degli impianti in quanto rispettosa del classico protocollo chirurgico maggiormente utilizzato, mentre relativamente alle complicanze il C.T.U. rileva che “ Gli impianti risultavano prospicienti nella cavità sinusale per alcuni millimetri,con conseguente lacerazione della membrana..”, definita complicanza nota, che può comportare infezioni in danno ai seni mascellari, peraltro previste in seno di rilascio del consenso e che “La valutazione dei sottoscritti(C.T.U. n.d.r.) nel merito di tale elemento risulta ampiamente giustificata dalla analisi della documentazione relativa alle prestazioni effettuate in epoca successiva da altro specialista. L’esame TAC del 31.1.2011 indica infatti la presenza di impianti osteintegrati nel seno mascellare verosimilmente anche nelle sedi di rinnovo dell’impianto da parte del Dr. ***” . In merito alla mancata integrazione degli impianti il C.T.U. afferma che questa era da considerarsi causata dal presentarsi sia di sovrainfezione batterica che di un probabile eccessivo carico masticatorio esercitato dalla protesi provvisoria “inizialmente ribasata con resina morbida come da protocollo(come risulta dalla cartella clinica) ma successivamente ribasata con materiale duro in seguito a intervento di cui non si hanno chiare notizie come indicato nella cartella clinica e dalla protesi consegnata dalla paziente” ed in effetti, nella Cartella clinica prodotta dalla convenuta ed allegata alla C.T.U. si legge, con annotazione 20.10.2005 “ Controllo e ribasatura parziale con resina morbida. Impianti OK” e con annotazione successiva del 7.2.2006 “ La paziente ritorna al controllo riferendo di essersi rivolta ad altro “collega” x problemi di instabilità della protesi provvisoria.Il Collega aveva provveduto alla ribasatura con materiale duro che aveva influenzato negativamente lo stato di salute dell’impianto. Si suggerisce di non portare la protesi …(illeggibile n.d.r.) provvisoria fino al prossimo controllo”, ma non ne sono stati segnati altri, concludendo quindi che i medici eugubini avevano svolti il loro lavoro come da parassi, che le complicanze sorte successivamente potevano verificarsi indipendentemente dall’intervento stesso e che le medesime avevano comportato un grave disagio per la paziente ma questo non era addebitabile ai detti sanitari.

A fronte delle osservazioni del C.T.P. di parte attrice i C.T.U. deducevano e ribadivano che :in merito all’eccessivo carico masticatorio “deve indicarsi che la protesi inizialmente ribasata con resina morbida,come da protocollo, è stata successivamente e da altro specialista ribasata con materiale duro.

Tale ribasatura, non concordata con i medici che avevano eseguito l’intervento né dagli stessi esaminata e valutata come congrua è da considerarsi come la principale responsabile dell’alterato carico masticatorio, essendo venuto meno la capacità di ridurre la “ pressione” della protesi provvisoria sugli impianti” mentre, in merito alle conseguenze dell’infezione, “deve essere indicata l’impossibilità dei sanitari di *** di poter effettuare una corretta diagnosi del quadro non essendosi la paziente presentata più ai controlli programmati. La mancata presentazione alle visite di controllo, infatti, ha impedito allo specialista odontoiatra di effettuare l’intervento adeguato ovvero quello di rimozione degli impianti non integrati .La precocità di tale manovra è infatti fondamentale per evitare l’osteolisi causata dall’infezione…”,confermando le proprie conclusioni circa il fatto che “…non sussiste alcuna ipotesi di responsabilità professionale in carico ai sanitari della Asl di *** i quali avevano valutato la riabilitazione su impianti come valida alternativa terapeutica, considerata la volontà e le aspettative della paziente, escluso controindicazioni assolute, sottoposto consenso informato formalizzato per iscritto sulle possibili conseguenze(ivi compreso il rischio di mancata osteointegrazione)”.

Alla luce di quanto sopra esposto, parte attrice non ha dimostrato, come suo onere, la sussistenza di nesso di causalità tra la asserita mal practice dei medici dell’Ospedale di *** consistita, a suo dire ed in pratica,nel mancato espletamento di TC Dentalscan e le problematiche lamentate ed asseritamente conseguite, non essendo emersi chiari ed univoci profili di responsabilità a carico dei suddetti medici, stante che è non è risultato che i medesimi abbiano agito per imperizia, negligenza o imprudenza, negligenza e imprudenza che invece è emerso debbano addebitarsi all’attrice, rivoltasi ad altro professionista mentre era ancora in corso il trattamento presso l’Ospedale di ***, autorizzandolo ad intervenire sull’operato dei sanitari del detto Nosocomio senza alcun consenso o collaborazione con questi ,come loro espressamente fatto presente in sede di controllo programmato, che non si è presentata agli ulteriori controlli ospedalieri previsti né ha dimostrato di essersi scrupolosamente attenuta alle necessarie manovre domiciliari di igiene orale prima e nell’immediatezza dell’intervento . Nè può essere addebitato quanto emerso in sede di C.T.U. ad un’asserita ed indimostrata “partigianeria” dello Specialista ortodontico nominato, che invece ha risposto in modo chiaro ed esauriente alle Osservazioni del C.T.P. di parte attrice. La domanda va quindi rigettata e l’attrice condannata alla refusione delle spese di lite in favore della convenuta.

P.Q.M.

Il G.O.T. del Tribunale di Perugia, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta dalla Sig.ra XXX, contro YYY:

Disattesa ogni altra istanza e richiesta, rigetta la domanda, ritenutane l’infondatezza ,per la mancata prova, che era onere dell’attrice fornire, di responsabilità professionale dei medici ortodonzisti dell’Ospedale di *** facente capo alla ASL convenuta, di nesso di causalità tra l’operato degli stessi e i danni asseritamente subiti dall’attrice a seguito dell’intervento di implantologia dentale dai suddetti effettuato sulla medesima;

Condanna,per l’effetto, l’attrice,al rimborso delle spese di C.T.U. e alla refusione delle spese di lite in favore della convenuta, liquidate come segue: €.4.835,00 per compenso professionale,oltre IVA,CAP e Rimborso Forfettario come per legge.

Perugia 30.8.2018

IL G.O.T.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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