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Concordato preventivo per differire il fallimento

La domanda di concordato preventivo presentata dal debitore non per regolare la crisi dell’impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento, è inammissibile in quanto integra gli estremi di un abuso del processo.

Pubblicato il 24 June 2023 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile

XXX Banca S.p.a. proponeva reclamo avverso il decreto del Tribunale di Lucca con il quale era stato omologato il concordato preventivo della YYY S.p.a. in liquidazione.

In particolare la banca sosteneva: a) che YYY era stata già ammessa ad una prima procedura di concordato preventivo, nel corso della quale era stata autorizzata una transazione con cui le era stato riconosciuto il pagamento in prededuzione della residua somma di € 200.000, dovutale a saldo del credito ipotecario vantato, in cambio del suo assenso alla restrizione dell’ipoteca; b) che tuttavia, dopo la vendita dell’immobile sul quale era iscritta la garanzia, YYY aveva rinunciato al concordato, lasciando insoluto il suo credito prededucibile, per poi presentare, a distanza di meno di due anni, una seconda domanda di concordato in cui quel credito era stato appostato al rango ipotecario, anziché in prededuzione; c) che vi era continuità tra la prima e la seconda procedura, trattandosi di insolvenza unica protrattasi nel tempo; d) che quindi la proposizione del nuovo ricorso per concordato preventivo costituiva abuso del processo.

La Corte d’Appello di Firenze, con decreto del 29 luglio 2016, accoglieva l’opposizione e revocava l’omologazione del concordato preventivo.

Rilevava che – benché il credito di XXX fosse sorto in occasione o in funzione della prima procedura concorsuale, con la conseguenza che difettavano i presupposti per ritenere che potesse esserne riconosciuta la prededucibilità anche nel secondo concordato- il comportamento di YYY s.p.a. era stato sostanzialmente finalizzato a privare la creditrice della possibilità di ricevere quanto dovutole: la rinuncia della società al primo concordato e la successiva proposizione di una nuova domanda di ammissione alla procedura apparivano infatti strumentali al raggiungimento di tale effetto fraudolento e la condotta della debitrice integrava quella situazione di abuso del diritto che rende inammissibile la domanda di concordato.

YYY S.p.a. in liquidazione proponeva ricorso per la cassazione del decreto.

La domanda di concordato preventivo presentata dal debitore non per regolare la crisi dell’impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento, è inammissibile in quanto integra gli estremi di un abuso del processo, che ricorre quando, con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e del giusto processo, si utilizzano strumenti processuali per perseguire finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l’ordinamento li ha predisposti (cfr. Cass. S.U. 9935/2015, 12066/2017, 5677/2017, 7177/2020 e 8992/2021).

Nel caso in esame, la corte fiorentina non ha fatto buon governo dei suesposti i principi, in quanto ha fatto discendere l’asserita abusività del processo non da una condotta della società finalizzata ad evitare o ritardare la dichiarazione di fallimento, che non è stata chiesta da alcun creditore (neanche da XXX s.p.a. ), ma dalla mera utilizzazione dello strumento – previsto dall’ordinamento – della rinuncia al concordato seguita dalla riproposizione della domanda di ammissione a distanza di quindici mesi, senza curarsi di precisare perché la seconda domanda avesse pregiudicato il credito della Banca, inserita nella proposta concordataria tra i creditori privilegiati, categoria cui era stato promesso l’integrale pagamento.

Non era dato, quindi, comprendere quali fossero in concreto le finalità eccedenti o deviate rispetto a quelle tipiche della procedura di regolamentazione della crisi dell’impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, perseguite dalla società ricorrente.

Il decreto impugnato veniva pertanto cassato, con rinvio alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, Ordinanza n. 13997 del 22 maggio 2023

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