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Infedeltà patrimoniale, socio receduto, persona offesa

La legittimazione alla proposizione della querela per il reato di infedeltà patrimoniale dell’amministratore spetta non solo alla società nel suo complesso ma anche, e disgiuntamente, al singolo socio e ciò in quanto la condotta dell’amministratore infedele è diretta a compromettere le ragioni della società, ma anche, principalmente, quelle dei soci o quotisti della stessa, che per l’infedele attività dell’amministratore  subiscono il depauperamento del proprio patrimonio. Dunque, il socio receduto ma ancora all’interno della compagine sociale nel momento un cui è stato perpetrato l’atto di infedeltà patrimoniale, non può essere considerato alla stregua di ogni altro terzo creditore ed è quindi legittimato a proporre querela.

Pubblicato il 04 September 2016 in Diritto Penale, Diritto Societario, Giurisprudenza Penale

La legittimazione alla proposizione della querela per il reato di infedeltà patrimoniale dell’amministratore spetta non solo alla società nel suo complesso ma anche, e disgiuntamente, al singolo socio e ciò in quanto la condotta dell’amministratore infedele è diretta a compromettere le ragioni della società, ma anche, principalmente, quelle dei soci o quotisti della stessa, che per l’infedele attività dell’amministratore  subiscono il depauperamento del proprio patrimonio.

Ciò premesso, anche il socio receduto deve essere ritenuto persona offesa dal predetto delitto.

E’ evidente che la condotta infedele dell’altro socio non ha solo cagionato un danno al patrimonio della società, ma ha conseguentemente determinato un depauperamento del valore della quota, alla cui liquidazione il socio di una società di persone ha diritto, a norma dell’art. 2289 comma I c.c., all’atto del recesso, in base alla situazione patrimoniale della società esistente al momento in cui si verifica lo scioglimento del rapporto.

Né il socio receduto può essere considerato un soggetto terzo estraneo.

Proprio per il rilievo dell’appartenenza alla compagine sociale al momento in cui l’amministratore ha compiuto l’atto infedele, è evidente che il socio receduto non perde al momento dello scioglimento (nei suoi confronti) del rapporto sociale la qualità di parte offesa e, conseguentemente, la legittimazione a proporre querela, atteso che il fatto generico illecito (costituente reato) produttivo di un pregiudizio nella sua sfera giuridica si è verificato ben prima della sua uscita dalla società, e ciò a prescindere dal fatto che la quantificazione concreta del danno si appalesi solo all’atto della liquidazione della quota.

Dunque, il socio receduto ma ancora all’interno della compagine sociale nel momento un cui è stato perpetrato l’atto di infedeltà patrimoniale, non può essere considerato alla stregua di ogni altro terzo creditore ed è quindi legittimato a proporre querela.

Cassazione Penale, Sezione Quinta, Sentenza n. 35384 ud. 14/06/2016 – deposito del 23/08/2016

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