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Derubricazione del reato, divieto di reformatio in peius

In tema di divieto di reformatio in peius, laddove il nuovo calcolo della pena si imponga in conseguenza della derubricazione del reato, l’unico limite va ricercato in quello massimo stabilito per la differente fattispecie più grave.

Pubblicato il 20 August 2016 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

In tema di divieto di reformatio in peius, laddove il nuovo calcolo della pena si imponga in conseguenza della derubricazione del reato, l’unico limite va ricercato in quello massimo stabilito per la differente fattispecie più grave.

In tal caso, il giudice del gravame è chiamato ad operare una nuova ed autonoma valutazione in forza dei criteri di cui all’art. 133 c.p., alla stregua di un mutamento strutturale degli elementi qualificatore del fatto.

Pertanto, il giudice di appello allorché procede ad una derubricazione del reato può anche modificare i parametri del calcolo della pena, purché, venga irrogata una sanzione in concreto non superiore a quella inflitta dal giudice di primo grado.

Va, d’altra parte osservato, che il concetto di minimo edittale non ha una potenzialità espansiva esterna rispetto alla specifica natura della fattispecie incriminatrice cui esso accede, giacché, ad ogni singola figura incriminatrice corrisponde un giudizio di disvalore che l’ordinamento calibra proprio attraverso la previsione di un minimo e di un massimo edittale che, per ciò stesso, perviene soltanto a quella specifica ipotesi di reato.

Con la conseguenza che alla minima gravità di un reato non deve necessariamente corrispondere la minima gravità di altra ed autonoma figura criminosa.

Cassazione Penale, Sezione Seconda, Sentenza n. 33563 ud. 14/07/2016 – deposito del 01/08/2016

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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