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Impugnazione deliberazione assembleare di società

Non è sufficiente che le condizioni dell’azione, ivi compresa la legittimazione ad agire, siano presenti al momento della proposizione della domanda giudiziale, occorrendo che esse sussistano anche quando il giudice di pronuncia sulla domanda.

Pubblicato il 10 March 2010 in Diritto Societario, Giurisprudenza Civile

Non è sufficiente che le condizioni dell’azione, ivi compresa la legittimazione ad agire, siano presenti al momento della proposizione della domanda giudiziale, occorrendo che esse sussistano anche quando il giudice di pronuncia sulla domanda.

Nulla autorizza a ritenere che questo principio non si applichi anche con riguardo alle azioni promosse per far annullare le deliberazioni assembleari di società per azioni.

Legittimati all’esercizio di siffatte azioni sono solo i soggetti ai quali specificatamente la legge accorda tale legittimazione, e tra essi i soci, purché non abbiano essi stessi positivamente concorso all’adozione della deliberazione.

E’ questo un corollario del principio maggioritario, dal quale è retto il funzionamento dell’assemblea, giacché ogni socio è tenuto ad accettare le decisioni prese dalla maggioranza, anche contro il suo volere, ma soltanto a condizione che si tratti di decisioni adottate in conformità della legge e dello statuto.

Donde l’ulteriore conseguenza che, a differenza di quel che accade in caso di deliberazioni assembleari affette da nullità ai sensi dell’art. 2379 c.c., per esercitare l’azione di annullamento non occorre che il socio impugnante (assente o dissenziente rispetto alla deliberazione impugnata) dimostri anche l’esistenza di un proprio specifico interesse ad agire, essendo questo già implicato nella sua stessa qualità di socio.

Da quanto sopra discende che il venir meno, in corso di causa, del requisito di legittimazione consistente nell’essere l’attore socio della società convenuta impedisce al giudice di pronunciare l’eventuale annullamento della deliberazione assembleare impugnata, perché è venuto meno altresì il potere dell’attore di interloquire sul modo di essere e di operare degli organi sociali, e perciò anche attraverso l’annullamento di quella deliberazione, il potere d’incidere sugli effetti che essa ha prodotto, o è ancora in grado di produrre nella sfera della società e di imporre eventualmente agli amministratori di adottare i conseguenti provvedimenti.

Ai principi sopra richiamati fa eccezione unicamente il caso in cui il venir meno della qualità di socio in capo all’impugnante sia diretta conseguenza proprio dalla deliberazione la cui legittimità egli contesta.

E’ evidente che, in tal caso, anche la stessa legittimazione dell’attore ad ulteriormente interferire con l’attività sociale sta o cade a seconda che la deliberazione impugnata risulti o meno legittima.

Cassazione Civile, Sezione Prima, Sentenza n. 26842 del 7 novembre 2008

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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