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Mancata impugnazione del licenziamento nel termine fissato

La mancata impugnazione del licenziamento nel termine fissato non comporta la liceità del recesso del datore di lavoro, bensì preclude al lavoratore soltanto la possibilità di reintegrazione nel posto di lavoro ed il risarcimento ai sensi dell’art.

Pubblicato il 18 December 2006 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

La mancata impugnazione del licenziamento nel termine fissato non comporta la liceità del recesso del datore di lavoro, bensì preclude al lavoratore soltanto la possibilità di reintegrazione nel posto di lavoro ed il risarcimento ai sensi dell’art. 18 della legge 300/1970.

Ne consegue che, nell’ipotesi di licenziamento illegittimo, qualora si sia verificata la decadenza dell’impugnazione, è concesso al lavoratore di esperire la normale azione risarcitoria in base ai principi generali che governano questa azione, sempre che ne ricorrano (e siano dal lavoratore allegati) i relativi presupposti.

La normale azione risarcitoria da fatto illecito, secondo i principi generali, richiede anzitutto l’indicazione e l’allegazione del fatto ingiusto il quale si sia accompagnato al licenziamento: a titolo di esempio, può citarsi il licenziamento ingiurioso, il licenziamento come atto finale di un mobbing, il licenziamento pubblicizzato al di fuori dell’azienda con la finalità di nuocere alla figura professionale del lavoratore.

In altri termini, al licenziamento intrinsecamente ingiustificato deve accompagnarsi un fatto ingiusto secondo i principi generali.

Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza n. 21833 del 12 ottobre 2006

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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